giovedì 17 marzo 2011

Tappe legislative sulla violenza di genere

1930 Codice Rocco-art.519 e seg.
Il reato di violenza è un delitto contro la moralità pubblica ed il buoncostume.
C’è distinzione tra violenza carnale ed atti di libidine violenta.
Gli atti di libidine violenta sono puniti in modo irrisorio.
Il delitto d’onore è punito con pene dai 3 ai 7 anni.
Il matrimonio riparatore estingue il reato di violenza carnale.
1965 Sicilia. Franca Viola rifiuta di sposare il violentatore e lo denuncia. Si apre un dibattito nazionale sulla violenza.
1975 Delitto del Circeo. Due ragazze violentate e seviziate. Una muore, l’altra riesce a sopravvivere. L’Italia è scossa. Si incrementa l’attività del movimento femminista.
1975 Franca Rame recita il monologo “Lo stupro”. Molto dopo sapremo che il 9 marzo 1973 aveva subito uno stupro di gruppo per motivi politici.
1979 La RAI trasmette “Processo per stupro”, registrazione di un processo del 1978. La crudezza del dibattimento entra in ogni casa. Tina Lagostena Bassi, avvocata della donna, ottiene l’esemplare condanna degli stupratori.
1979/80 Il movimento femminista raccoglie e deposita 300.000 firme a sottoscrizione di una proposta di legge per mutare la legislazione vigente e affermare la dignità della donna.
1981 Legge n.442. Abrogate le attenuanti per il delitto d’onore.
1996 Legge n.66 Abrogazione della definizione di violenza secondo il codice Rocco.
La violenza sessuale è violenza contro la persona.
Sono eliminate le differenze tra violenza carnale ed atti di libidine violenta.
Sono inasprite le pene.
2001 Legge n.154. violenza e maltrattamenti familiari. Si prevede l’allontanamento del familiare violento.
2009 Legge n.38 Reato di Stalking. Sanziona comportamenti persecutori, molesti, ossessivi che costituiscono limitazione della libertà, ansia , minaccia.


80 anni di storia e di conquiste legislative, dovute ad un costante impegno delle donne e dei loro movimenti, non hanno portato, purtroppo, alla diminuzione dei reati. 
da: Rita Bartolommei

Dal blog nazionale: Movimento delle donne, l’unanimità è una trappola


di Alessandra Di Pietro, su Gli Altri, 13 marzo 2011
Tra le conseguenze politiche del 13 febbraio e dell’8 marzo c’è l’acquisizione definitiva che nel movimento delle donne l’unanimità non è necessaria all’azione. Darsi come obiettivo “essere tutte d’accordo” (su un appello, uno slogan, un flashmob) pretende una continua mediazione (quasi sempre) al ribasso che lima gli eccessi, allinea gli estremismi, ammorbidisce le convinzioni, spegne lo spirito critico crea insomma una orizzontalità che fa male alla vitalità, al dinamismo e alla creatività. La ricerca della concordia è spesso una trappola che fa disperdere tempo senza far accrescere partecipazione ed entusiasmo, anzi dividendo e frammentando: dunque esaltare l’esigenza dell’accordo totale senza se e senza ma è utile solo a chi vuole indebolire la forza delle donne. Esserci e dappertutto, da sola o con il proprio gruppo, ognuna con il suo pensiero osservando con sincero interesse e curiosità quel che hanno da dire le altre, è possibile, anzi è da incoraggiare.
Dalla gabbia politica e mediatica della consonanza siamo riuscite a sfuggire in questo otto marzo (con manifestazioni grandi, piccole e talune minuscole, ma presenti.) e durante la preparazione della manifestazione di febbraio. Prima del 13, a molte/i il serrato ragionare su corpi e cervelli in vendita, l’insistenza su chi compra più che su chi vende, i posizionamenti politici pro o contro Berlusconi, indignarsi o mettersi al riparo dal moralismo sotto ombrello rosso, sono parse critiche pretestuose, finezze da intellettuali annoiate, snobismi culturali e invece siccome erano interventi politici appassionati e intelligenti hanno allargato la piazza e permesso che nello stesso momento Giulia Bongiorno intervenisse dal palco mentre avveniva lo straordinario flashmob di 200 donne a Montecitorio.
Questa energia disordinata, confusa, contraddittoria che si riversa per le strade ha spesso una matrice antiberlusconiana ma non è l’unica. Le manifestanti segnano una presenza sul territorio ciascuna con una propria chiave di originalità nella forma nella sostanza (il precariato, la salute, l’ambiente, la sorellanza con le immigrate, alcune hanno convocato manifestazioni con i bambini altre rifiutano di esaltare la funzione riproduttiva etc…, c’è musica, teatro, poesia) ed è questo il processo da sostenere: esaltare l’entusiasmo di esserci, crearsi un’anima politica, volere lo scambio, persino lo scontro, inventarsi un pensiero, dargli forma, essere contente che l’altra non la pensi come noi e sperare che ne sappia di più e pure di meglio. Per andare avanti nella crescita del movimento serve di volersi conoscere perché quel che l’altra vuole dirmi viene da un’esperienza e ha un valore. Il femminismo è per me innanzitutto una autentica attenzione per le donne, il loro pensiero, le loro azioni e le loro relazioni, non può fermarsi davanti all’etichetta di appartenenza fissata con criteri della politica maschile. In questo senso non intendo promuovere una trasversalità acritica, ma neanche sostenere un pregiudizio. E certo che per mettere in scena azioni (pre)potenti serve mettersi d’accordo su un obiettivo – scendere in piazza per esempio – ma che siano minimi e invece sia massimo lo spazio del confronto e della diversità senza asservimento a partiti, segretari di partito, testate giornalistiche, televisive, partiti, regine della doppia militanza (ancora!). Credo sia l’unica via possibile per fare crescere e/o dare spazio a un ricchissimo soggetto politico diffuso che coltivi orgoglio della differenza (tra noi donne), autonomia di pensiero e di comunicazione per poter, in caso, contrattare con il sistema tradizionale senza ridursi a truppe ausiliare di una politica stanca e incapace.

martedì 15 marzo 2011

Io non ci sto

Partendo da una poesia di Giorgia Vezzali
Io non ci sto
io non ci sto
alla dittatura mediatica dell’avvenenza
che mi fa esistere solo se bella e appetibile
barattando il mio pensiero
in nome di una magra visibilità
io non ci sto
a essere solo corpo
da guardare, da toccare, da giudicare, da mercificare
e, se sono sfortunata, da stuprare.
Io non ci sto
alla precarietà che rende sterili
Io non ci sto!!
Voglio essere amata
Voglio decidere della mia vita e del mio amore
Voglio essere libera di creare vite
Pretendo rispetto
E che si dia spazio a tutte le mie diversità
La mia rivoluzione comincia con il rifiuto dell’immaginario imposto
Per mutare nel respiro di una nuova dignità.
Donna, fiera di esserlo

Rita Bartolommei

lunedì 14 marzo 2011

8 più 4: 12


Dal blog nazionale:  la riflessione di Enrica Salvatori, docente dell’Università di Pisa:
8 più 4: 12
Molti in questi giorni, dopo l’inaspettato exploit della prima manifestazione organizzata dal comitato “Senonoraquando” il 13 febbraio scorso e l’indubbia nova carica politica e sociale data alla giornata delle donne l’8 marzo, molti si chiedono se questo rinato movimento al femminile avrà la forza di trasformarsi in qualcosa di veramente innovativo per la società italiana contemporanea oppure si esaurirà nella rivendicazione di alcuni diritti negati.
Personalmente sono convinta che ci siano le potenzialità perché il comitato possa realmente intercettare le migliori e più vitali correnti di rinnovamento e di ribellione che attraversano la nostra penisola. Lo potrà fare solo se utilizzerà la chiave di lettura al femminile della società in senso largo, come uno strumento per modificare non solo la condizione della donna ma l’assetto della società intera.
Quattro passi devono essere fatti perché questo possa accadere.
Il primo riguarda la lotta alla corruzione a ogni livello della società e in primo luogo nelle istituzioni: la corruzione colpisce tutti, ma in particolare le donne, usate come merce di scambio (massaggiatrici, escort, accompagnatrici, igieniste dentali) e poi accollate all’intera comunità come personaggi aventi ruoli pubblici o comunque grande visibilità pubblica in spregio a ogni criterio meritocratico. Lottare contro la corruzione è un messaggio diretto anche al maschio, che non solo si fa colpevolmente complice dello scambio occulto, ma che a sua volta si prostituisce, magari non col corpo, col cervello, prestando tempo, risorse, attività al servizio di chi paga meglio e non del bene comune, anzi a danno diretto e pesante del bene comune.
Il secondo passo riguarda il lavoro (articolo 1 della Costituzione) ed è strettamente legato al primo, perché la corruzione si nutre del precariato e l’unico modo di sconfiggerla è lottare per un sistema che assicuri veramente pari opportunità per tutti. In un sistema corrotto non ci sono pari opportunità, il lavoro onesto è screditato a vantaggio di quello ottenuto con scorciatoie immorali, la via traversa vince sempre sulla carriera costruita sulla fatica e l’esperienza e la conseguenza è un degrado generale della qualità del lavoro su cui è fondata la nostra Repubblica.
Il terzo passo è l’uguaglianza (articolo 3 della Costituzione) perché l’uguaglianza reale porta beneficio all’intera comunità. La rivendicazione della rappresentanza femminile adeguata nelle istituzioni e nei consigli di amministrazione delle aziende, la lotta alla discriminazione sul posto di lavoro e ai filtri culturali che impediscono alle donne l’accesso ai luoghi dirigenziali sono iniziative tese non al miglioramento di una “corporazione” (per quanto grande questa sia), ma della società intera, perché solo l’adeguato spazio dato alle donne in tutti i settori riuscirà a sollevare la nostra nazione dalla palude in cui si trova.
Il quarto e ultimo passo è la cultura (articolo 9 della Costituzione): il movimento femminile rinato deve far propria la lotta per un’istruzione adeguata, per il sostegno alla ricerca e per la rivalutazione della cultura umanistica. Lo deve fare perché ne ha la possibilità, dato che la stragrande maggioranza delle insegnanti sono donne; ma lo deve fare soprattutto perché la crescita culturale garantisce il futuro dei nostri figli, salva e sostiene la democrazia, evita o rallenta l’imbarbarimento, fa risorgere i valori fondanti del vivere civile. Solo una cittadinanza culturalmente preparata, infatti, è in grado di produrre gli anticorpi al sistema attuale di corruzione, che si nutre di messaggi mediatici ignobili. Solo la cultura e l’annesso sviluppo della ricerca può dare al nostro paese qualche chance di dare al mondo un contributo positivo nella direzione dello sviluppo sostenibile.
Questi 4 passi legano l’8 al 12 marzo: dalla giornata della donna alle manifestazioni per la difesa dell’istruzione pubblica e della Costituzione, per un movimento che deve essere trasversale ai partiti, ma politicamente impegnato, nell’accezione originaria e nobile del concetto di politica.

venerdì 11 marzo 2011

12 marzo: a difesa della costituzione



Comunicato dal comitato nazionale: "A proposito della manifestazione di questo sabato 12 marzo: aderiamo ovviamente all'iniziativa, ma quel "SE NON ORA QUANDO" che appare nell'appello è solo una conferma del successo del nostro slogan. Non siamo noi ad aver organizzato, per cui per le info sulla mobilitazione vi chiediamo di rivolgervi alle pagine ufficiali."




A Chieti il Comitato "Salviamo la costituzione" distribuirà copie della costituzione ai cittadini.

8 marzo 2011: Incontro di letture "rosa"


sabato 5 marzo 2011

8 marzo 2011 – Se non ora quando? Adesso! RIMETTIAMO AL MONDO L’ITALIA, anche da Chieti!

Seguendo le linee guida del vademecum e dell'appello nazionale, partecipiamo anche nella nostra città alle mobilitazioni per l'otto marzo: 

L’Italia non è un paese per donne e noi vogliamo che lo sia. Vogliamo che l’8 marzo sia, come il 13 febbraio, il giorno di tutte.
Con il 13 febbraio abbiamo detto che la libertà, la dignità e la vita delle donne sono il presente e il futuro del paese.
Ci siamo date appuntamento in tantissime piazze d’Italia perché volevamo esserci, volevamo guardarci in faccia e lavorare insieme per fare dell’Italia un paese per donne.
Adesso ci siamo e apriamo il confronto sui temi proposti dal nuovo appello: i lavori, la maternità/paternità, l’informazione. Le parole d’ordine, stavolta, sono informare, chiedere e ottenere. Incontriamoci l’8 marzo fuori dagli asili, negli uffici, nei parchi, nei condomini, nelle scuole, tra amiche, nei luoghi di lavoro, nelle università e parliamo di donne, di lavoro, di maternità e paternità. Discutiamo anche dell’informazione e del modo in cui i media rappresentano o non rappresentano queste realtà.
La nostra forza è la nostra presenza, libera e consapevole. In piccoli o più grandi gruppi, in centro o nelle periferie, ma dobbiamo esserci.
Invitiamo tutte e tutti a ridare valore alla giornata internazionale delle donne. Pensiamo di farlo insieme, ciascuna come e dove vorrà, invitando tutte a legarsi virtualmente con un fiocco rosa beneaugurante, nel 150esimo dell’Unità d’Italia, per una rinascita del nostro Paese. Un fiocco rosa da appendere alla borsa, al motorino, intorno agli alberi, alle finestre, sulla giacca o sul finestrino della macchina!
Aderiremo a tutte le iniziative già in programma in città sui temi femminili, portando la nostra presenza con logo e simboli di “Se Non Ora Quando?” nel rispetto della trasversalità e dell’autonomia che hanno caratterizzato la giornata del 13 e che vogliamo mantenere e rafforzare.
Tutto questo per esprimere la nostra presenza, la nostra forza e la nostra determinazione. Anche stavolta la partecipazione di uomini amici è richiesta e benvenuta.

L'8 marzo alle 17.00 incontriamoci presso la Libreria De Luca a Chieti con i nostri fiocchi rosa per letture sulla storia delle donne dal 1860 ad oggi.

venerdì 4 marzo 2011

Donne invisibili

scritto da: Mara
Le donne invisibili sono le donne che ogni giorno lottano con i problemi quotidiani, grandi o piccoli che siano. Le donne invisibili sono le donne che non vedono, che ho imparato a conoscere ed apprezzare per l'estrema sensibilità che hanno. Dalle donne invisibili ho imparato tante cose, e faccio quel che posso per dare il mio contributo, da donna a donna. Per questo faccio parte di "Pink Blindsight", come del nostro Senonoraquando locale. Da Pink Blindsight e da questo mondo invisibile che circonda le donne disabili sensoriali riporto questo post, scritto in occasione dell'otto marzo da Rosa, sul blog "Orba Moderna".

8 MARZO FESTA DI QUALI DONNE?


E' di nuovo quasi 8 Marzo.
E' di nuovo festa della Donna.
E come ogni anno, io mi chiedo di quali donne sia la festa.
Mi guardo intorno: l'assistente domiciliare di mio figlio ha 30 anni, una laurea in psicologia e fa la baby sitter, oltre all'assistente.
Non può sposarsi perchè non le basterebbero i soldi per farsi una famiglia.
Non può fare figli perchè dovrebbe smettere di lavorare.
E' la sua festa?
Poi penso alle mamme del san'Alessio, istituto di Roma dove va anche mio figlio, ipovedente con problemi di autismo.
E' la loro festa, ma davvero?
Donne con figli di 18-20 anni che stanno in casa perchè, finita la scuola, non c'è nulla per loro.
Non lavoro, non terapia e tempo libero solo quel poco che ci si può permettere.
Davvero è la loro festa?
Forse qualcuno dovrebbe dirglielo, magari quando quel giorno vedranno le solite scenette sceme delle donne in giro con le amiche a vedere spogliarelli, loro che magari se ne stanno a casa ad assistere il figlio, o a pensare a cosa quel povero ragazzo farà senza di loro.
E' la festa delle mamme come me, che lottano continuamente con insegnanti di sostegno incompetenti e assenteisti, protetti da maestri che hanno paura di perdere la faccia sostenendo te e tuo figlio?
E' la mia festa come donna disabile, cui hanno offerto ,a suo tempo, solo una iscrizione all'albo dei centralinisti , pur avendo una laurea in lettere?
Credo non abbiamo molto da festeggiare noi donne non vedenti o gravemente ipovedenti romane, chiuse in una città priva del tutto di accessibilità come Roma.
Senza sintesi vocali, senza semafori acustici, senza rispetto perfino nelle cose più stupide.
Pensate che in 5 anni di scuola elementare di mio figlio, le comunicazioni avvenivano scritte a mano sul suo diario, obbligandomi a cercarmi un vedente per leggerle.
Nessun verso di fargliele scrivere a macchina o mandare per email!
Ce ne sarebbero di cose da dire, per l'8 Marzo e per questa frenesia di festeggiare, ma mi basta questa: la terza violenza nella capitale in poche settimane.
O se volete quest'altra: le madri rom che vivono nelle case fatiscenti da cui, regolarmente, vengono scacciate per essere rimandate ancora di più nella povertà e nella solitudine.
Per non parlare della festa continua di chi, come c'è scritto nel comunicato in prima pagina, si occupa di anziani o di malati gravissimi.
Perchè l'8 Marzo diventi la festa di tutte le donne, quest'anno, non festeggiare.
Vai nelle piazze, nelle strade, e nei blog.
LOTTA!!


Rosa Mauro